Le quattro gambe del tavolo della supremazia bianca
Analisi delle fondamenta della supremazia bianca: colonialismo, genocidio, capitalismo e schiavitù transatlantica, secondo il saggio di Crystal Marie Fleming.
Nel primo articolo della serie dedicata a Rise up! How you can join the fight against white supremacy, abbiamo introdotto l’analogia fatta da Crystal Marie Fleming tra la supremazia bianca a un tavolo sostenuto da quattro gambe. In questo approfondimento, analizzeremo ciascuno dei quattro pilastri su cui si basa tale sistema di oppressione:
Colonialismo
Genocidio delle popolazioni indigene
Capitalismo
Schiavitù transatlantica
Destino Manifesto: colonizzazione, genocidio e miti patriottici
A partire dal viaggio di Cristoforo Colombo nel 1492, gli spagnoli iniziarono a sfruttare le terre indigene dell’isola caraibica di Hispaniola, coltivando prodotti redditizi, come la canna da zucchero, utilizzando il lavoro degli africani schiavizzati.
C'è una differenza cruciale tra il modo in cui i nativi americani e i colonizzatori europei si relazionavano alla terra. I nativi la consideravano una risorsa sacra da custodire e preservare per le future generazioni, mantenendo un legame spirituale con la natura. Al contrario, gli europei vedevano la terra come una risorsa da possedere e sfruttare per profitto, trasformandola in proprietà privata, ovviamente la loro.
Le terre che oggi compongono gli Stati Uniti non erano vuote o deserte, ma abitate da popolazioni indigene che furono brutalmente sradicate, uccise e oppresse. Questo genocidio avvenne sia attraverso massacri diretti sia attraverso malattie portate dagli europei, per le quali i nativi non avevano difese immunitarie. Per giustificare tali atrocità, i colonizzatori crearono miti patriottici e razzisti, secondo cui i nativi americani fossero inferiori in quanto non europei e non cristiani, rafforzando la nozione di “destino manifesto”, la credenza secondo cui era loro diritto espandersi e occupare queste terre, spazzando via i nativi.
Nel corso del tempo, il governo degli Stati Uniti infranse numerosi trattati e promesse fatti alle popolazioni indigene, manipolando il sistema legale per appropriarsi delle loro terre e favorire l'espansione coloniale, legittimando queste azioni attraverso il concetto di destino manifesto. Per raggiungere questo obiettivo, sia a livello locale che nazionale, il governo ha adottato politiche mirate a smantellare i governi tribali, proibendo le loro assemblee, rendendo illegale la promulgazione di leggi tribali e negando ai nativi americani il diritto di voto. Inoltre, fu loro impedito di ricorrere ai tribunali, testimoniare e perfino scavare alla ricerca di oro nelle terre che appartenevano loro di diritto.
Un esempio particolarmente crudele di legislazione che portò all'espulsione forzata di circa 70.000 nativi americani fu l’Indian Removal Act del 1830, firmato dal presidente Andrew Jackson. Questa legge ebbe conseguenze devastanti: migliaia di persone morirono per malattie e fame, inclusi oltre 4.000 Cherokees durante il tragico Sentiero delle lacrime, una migrazione forzata avvenuta tra il 1830 e il 1850. Le Cinque Tribù Civilizzate, a cui appartenevano i Cherokees, furono costrette a lasciare le loro terre nel sud-est degli Stati Uniti per essere trasferite nei territori a ovest del fiume Mississippi.
Il processo di sottrazione delle terre ai nativi americani e dell'arricchimento della popolazione bianca continuò per decenni, con il sostegno di altri otto presidenti degli Stati Uniti oltre ad Andrew Jackson. Questi leader approvarono l'uso di metodi brutali, come l'incendio di interi villaggi e la distruzione degli approvvigionamenti alimentari. Un esempio significativo fu l'Homestead Act del 1862, con cui il Congresso violò i trattati esistenti con le popolazioni indigene, distribuendo centinaia di milioni di acri delle loro terre e ricchezze, per lo più alle famiglie bianche.
Questi sono i fatti storici, ma, come spesso accade, la narrazione è stata distorta, sia nelle scuole che nella cultura popolare americana. Il mito prevalente sostiene che i nativi americani abbiano ceduto passivamente le loro terre o accettato accordi con gli europei con apparente entusiasmo. Questa falsificazione è stata promossa per rafforzare la visione tradizionale secondo cui quelle terre fossero destinate a diventare parte degli Stati Uniti, anziché appartenere ai popoli nativi sovrani. Ogni novembre, gli americani si riuniscono per il Giorno del Ringraziamento, celebrando un presunto incontro pacifico tra i padri pellegrini e i nativi americani. Crystal Marie Fleming cit l’accademico nativo americano Jaskiran Dhillon, il quale afferma che il mito del Giorno del Ringraziamento riflette la storia che i bianchi americani raccontano a se stessi per perpetuare l'illusione di rappresentare libertà e giustizia per tutti. In realtà, le fondamenta degli Stati Uniti poggiano su una storia di oppressione coloniale e supremazia bianca.
Schiavitù e razzismo: le fondamenta dimenticate della libertà americana
Pur sostenendo di promuovere la libertà e l'uguaglianza, gli Stati Uniti sono stati fondati su un sistema di schiavitù che ha ridotto milioni di persone in catene. Come evidenzia Fleming citando lo storico George Fredrickson, la coesistenza tra razzismo e i principi di uguaglianza non è contraddittoria per chi riteneva i neri e altre minoranze come subumani, privi di diritto alla libertà.
Prima di approfondire questo tema, l’autrice mette in evidenza che la schiavitù non è un fenomeno limitato alla storia dei neri e degli Stati del Sud, ma ha implicazioni globali. Questa storia è fondamentale per comprendere le strutture sociali, politiche ed economiche degli Stati Uniti, che sono stati costruiti sulle spalle di persone ridotte in schiavitù. Senza il contributo degli africani e dei loro discendenti, non solo in termini economici, sociali e politici, ma anche culturali — attraverso pratiche, conoscenze ed espressioni artistiche — questo paese non esisterebbe come lo conosciamo oggi.
Sebbene sia vero che la maggior parte dei bianchi non possedeva schiavi, tutti beneficiarono del lavoro non retribuito delle persone schiavizzate. La schiavitù non era solo una parte fondamentale dell'economia, ma venne anche sancita dalla Costituzione e dalle istituzioni giuridiche. Diversi presidenti degli Stati Uniti, giudici della Corte Suprema e senatori, insieme a molte altre figure influenti, possedettero persone schiavizzate e difesero con fermezza questa istituzione.
La schiavitù è un fenomeno antico, praticato da società in tutto il mondo. Prima dell’era moderna, era comune che gli europei riducessero in schiavitù altri europei, spesso prigionieri di guerra o stranieri. Tuttavia, con l'inizio della colonizzazione delle Americhe nel XV secolo, gli europei iniziarono a sottomettere popolazioni locali e africane, trasformandole in una forza lavoro gratuita per aumentare i loro profitti.
È importante ricordare che le prime persone a essere schiavizzate furono i nativi americani, diventando parte integrante del tessuto della vita coloniale delle colonie britanniche, poi evolutesi negli Stati Uniti d’America. In questo contesto, furono sfruttati anche bianchi poveri o criminali, ma questa pratica era conosciuta come servitù debitoria. A differenza delle persone non bianche, gli individui in servitù debitoria non erano vincolati a un contratto di lavoro non retribuito a vita.
Con l’aumento della domanda di manodopera per il mantenimento e l’espansione delle colonie, gli europei iniziarono a rivolgersi all’Africa. Tra il 1525 e il 1866, la tratta transatlantica degli schiavi divenne uno dei principali motori economici delle nazioni occidentali. Questo fenomeno, noto anche come commercio triangolare, si articolava in tre fasi:
Le navi partivano dalle coste occidentali dell’Europa cariche di merci, come armi, alcol e gioielli, dirette verso l’Africa occidentale.
Una volta arrivati, gli europei scambiavano i loro beni con i trafficanti di schiavi per gli esseri umani catturati, obbligandoli a salire a bordo delle navi in condizioni disumane per affrontare il viaggio verso l’America.
In America, il lavoro non retribuito delle persone schiavizzate generava prodotti di grande valore, come tabacco, zucchero e cotone, che venivano poi inviati in Europa attraverso la rotta atlantica, contribuendo così a rimpinguare le economie europee.
Inizialmente, abbiamo evidenziato come tutte le società nel corso della storia abbiano fatto ricorso alla schiavitù. Tuttavia, è fondamentale sottolineare le sostanziali differenze tra queste pratiche e quelle relative alla schiavitù transatlantica.
In termini numerici, la schiavitù transatlantica non ha rivali: si stima che abbia coinvolto tra i 12 e i 30 milioni di persone, costituendo il fenomeno di migrazione forzata più vasto della storia. Un secondo aspetto cruciale riguarda la natura sistemica della schiavitù praticata in questo contesto, dove le persone schiavizzate venivano ridotte a mero oggetto per l'intera durata della loro vita. A differenza delle forme di schiavitù precedenti, in cui vi era spesso la possibilità di (ri)acquistare la libertà, il sistema di schiavitù transatlantica imponeva una condanna a vita.
Per giustificare questa brutalità, emerse un'ideologia razzista che tentava di legittimare la divisione in razze dal punto di vista biologico, dipingendo falsamente gli africani come inferiori, barbari e poco intelligenti, e quindi "adatti" a essere ridotti in schiavitù a vita. Questo non solo ha portato alla creazione di una prigione intergenerazionale di lavoro forzato, ma ha anche causato umiliazioni quotidiane e una brutale oppressione che ha segnato profondamente la storia e la cultura degli Stati Uniti e oltre.
Il sistema di schiavitù negli Stati Uniti si è radicato profondamente nella società e nella cultura, creando un contesto giuridico e sociale che ha perpetuato la discriminazione razziale. Le leggi razziste hanno sistematicamente marginalizzato le persone nere, privandole di diritti fondamentali e della dignità umana. Tra queste leggi possiamo evidenziare divieti sull’istruzione, restrizioni sulle assemblee e limitazioni giuridiche, come negare loro la possibilità di testimoniare in tribunale.
Nel 1857, la Corte Suprema degli Stati Uniti emise una storica sentenza conosciuta come il caso Dred Scott, che stabilì che la Costituzione non riconosceva i diritti di cittadinanza a nessuna persona di origine africana, indipendentemente dal loro status, che fossero liberi o schiavizzati. Questa decisione ebbe un impatto devastante sui diritti civili dei neri americani, confermando e perpetuando un sistema di discriminazione razziale che negava loro la dignità e i diritti fondamentali, contribuendo così a un clima di oppressione e ingiustizia.
Molti afroamericani, come Frederick Douglass, Harriet Jacobs e Harriet Tubman, hanno resistito alla schiavitù in modi che spesso non comportavano violenza. Harriet Tubman, ad esempio, rischiato la propria vita per liberare schiavi attraverso una rete clandestina di rifugi, conosciuta come la Ferrovia Sotterranea. Anche alcuni bianchi si sono opposti alla schiavitù, come John Brown, che nel 1859 guidò un attacco all'arsenale di Harpers Ferry, in Virginia, con l'intento di armare una ribellione contro l'istituzione schiavista, tuttavia il piano fallì e Brown fu giustiziato.
Le maggiori insurrezioni contro la schiavitù si sono verificate anche al di fuori degli Stati Uniti. Un esempio significativo è la rivolta degli schiavi a Saint-Domingue (oggi Haiti) nel 1804, che rappresenta la prima insurrezione di schiavi di successo nella storia. Gli abitanti neri di Haiti riuscirono a sconfiggere i colonizzatori schiavisti francesi, dando vita alla prima repubblica nera. Tuttavia, la conquista della libertà da parte degli haitiani comportò un costo elevato. Con il sostegno delle potenze occidentali, tra cui gli Stati Uniti, il re di Francia impose ad Haiti un debito d'indipendenza, stimato tra i 17 e i 24 miliardi di dollari, per risarcire gli ex colonizzatori per la perdita delle loro "proprietà". Il re minacciò anche di utilizzare la forza militare se Haiti si fosse rifiutata di pagare. Questo enorme debito ha portato Haiti a una situazione di caos e instabilità. I proprietari schiavisti negli Stati Uniti seguirono l'esempio dei francesi, esigendo pagamenti simili.
Perché è ancora rilevante parlare di schiavitù al giorno d’oggi?
Crystal Marie Fleming risponde a questa domanda richiamando le idee della storica culturale Saidiya Hartman, che esplora l’aldilà della schiavitù. Hartman mette in luce come le conseguenze della schiavitù continuino a influenzare le opportunità di vita, l'accesso limitato alla salute e all'istruzione, le morti premature, l'incarcerazione e l'impoverimento delle comunità afroamericane.
Flemming cita anche l'assistente sociale e accademica Joy DeGruy, la quale afferma che le persone nere stanno ancora affrontando la sindrome post-traumatica da schiavitù, risultato del trauma intergenerazionale. Questo trauma può essere trasmesso collettivamente da una generazione all'altra, portando a convinzioni e comportamenti psicologicamente dannosi che persistono tra i discendenti delle persone schiavizzate. Un esempio di questi effetti è il razzismo culturale, radicato nei bianchi, che alimenta la convinzione della superiorità bianca.
È fondamentale riconoscere che i problemi emersi durante le generazioni di schiavitù transatlantica non sono svaniti magicamente con la sua abolizione. Al contrario, le ingiustizie inumane sono state assimilate nella cultura americana, ripetendosi secolo dopo secolo. Inoltre, la supremazia bianca che ha legittimato la schiavitù non è scomparsa con la sua abolizione; al contrario, ha continuato a prosperare attraverso diffuse discriminazioni, violenze e gravi disparità economiche, sociali e politiche.
La cosiddetta “libertà” per gli afroamericani si è spesso tradotta in una carenza di risorse e di supporto adeguato da parte del governo federale. Molti di questi individui liberati hanno affrontato la fame e le malattie. Inoltre, la supremazia bianca ha continuato a essere istituzionalizzata negli Stati Uniti attraverso le leggi segregazioniste di Jim Crow, limitando l’istruzione e le opportunità economiche e mantenendo la continua minaccia di linciaggio e violenza da parte dei bianchi.
Nel corso di un documentario, l’autrice afroamericana Maya Angelou (1928 - 2014) — di cui ho già letto tre libri e su cui intendo scrivere in seguito — racconta come fosse divisa Stamps (Arkansas), la città in cui è cresciuta. Angelou condivide l’esperienza di non sentirsi mai al sicuro nel attraversare il quartiere nero per entrare in quello bianco, nemmeno decenni dopo e in compagnia di Bill, l’uomo bianco che la accompagnava. Non mi dilungherò oltre nel riportare le sue parole, ma vi invito a ascoltarle direttamente nel frammento del documentario (sottotitolato in italiano).
Rise up! How you can join the fight against white supremacy
Questo libro esplora le radici del razzismo e la sua eredità nel mondo moderno, offrendo al contempo ai giovani strumenti concreti per aiutare a promuovere un mondo migliore e diventare antirazzisti.
Perché i suprematisti bianchi sfilano ancora apertamente negli Stati Uniti? Perché i bambini di colore senza documenti vengono separati dalle loro famiglie e rinchiusi in gabbie? Da dove nasce il razzismo? Perché non è già scomparso? E cosa possono fare i giovani a riguardo?
Rise Up! scompone le origini dell'ingiustizia razziale e il suo impatto persistente oggi, collegando i punti tra passato e presente. Includendo esempi contemporanei presi dai titoli dei giornali e modi concreti in cui i giovani possono contribuire a creare un mondo più inclusivo, la sociologa Crystal Marie Fleming condivide le conoscenze e i valori che uniscono tutti gli antirazzisti: compassione, solidarietà, rispetto e coraggio di fronte alle avversità.